PRESTAZIONI DI SERVIZI GRATUITE

Molte località turistiche tramite le strutture ricettive ivi presenti, hanno deciso di offrire una o più settimane di vacanza a tutti gli operatori sanitari che, con il loro coraggio, hanno aiutato la popolazione italiana colpita dal coronavirus.

Nel litorale di Caorle, l’iniziativa “A braccia aperte” sta coinvolgendo le aziende del territorio che hanno messo a disposizione gratuitamente le loro strutture.

Si pone, quindi, il problema di come considerare fiscalmente le prestazioni gratuite che gli operatori turistici destineranno ai medici e alle loro famiglie.

L’art. 3 del Dpr 633/72, assoggetta ad Iva “le prestazioni di servizi gratuite qualora siano offerte per altre finalità estranee all’esercizio dell’impresa o effettuate per l’uso personale o familiare dell’imprenditore e se di importo superiore ai 50,00 euro.”

L’assenza della previsione di un corrispettivo non determina, di per sé, l’irrilevanza dell’operazione ai fini Iva. Considerato, infatti, che l’imposta in questione realizza, nell’ambito dell’Unione europea, la tassazione dei consumi, il legislatore comunitario ha dovuto includere nell’ambito di applicazione del detto tributo anche le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a titolo gratuito, al fine di evitare vuoti impositivi o facili operazioni elusive che potrebbero condurre ad un consumo finale detassato dei beni e dei servizi.

L’imponibilità delle prestazioni gratuite è subordinata, in ogni caso, alla sussistenza di due condizioni espressamente previste dalla norma testé citata, che attengono al valore della prestazione e alla detrazione dell’imposta. Si deve, cioè, trattare di servizi di valore unitario superiore a 50,00 euro e per la cui esecuzione siano stati utilizzati beni e servizi con Iva detraibile.

Per la determinazione della base imponibile Iva delle prestazioni di servizi senza corrispettivo è necessario far riferimento alle spese sostenute dal soggetto passivo per l’esecuzione del servizio.

Attraverso l’imponibilità di tali operazioni, l’Erario recupera l’Iva applicata nelle fasi precedenti alla cessione o prestazione gratuita e regolarmente detratta dal soggetto passivo.

L’imprenditore quindi dovrà emettere fattura o corrispettivo telematico per la prestazione gratuita erogata e quindi procedere all’assolvimento dell’imposta. Il valore del corrispettivo, come precedentemente scritto, non avrà alcun ricarico ma andrà a coprire i costi sostenuti.

Ai fine delle imposte dirette si realizzerà un ricavo tassabile. E’ probabile che il reddito determinato da tali operazioni sarà pari a zero o addirittura si potrà realizzare una perdita in quanto i ricavi andranno a coprire i costi sostenuti per regalare il servizio agli operatori sanitari.

Nell’ambito del DL. n. 18/200 c.d. “Decreto Cura Italia”, l’art. 66 prevede:

- una detrazione IRPEF pari al 30% per le persone fisiche / enti non commerciali che effettuano nel 2020 erogazioni liberali in denaro e in natura volte a finanziare gli interventi per la gestione dell’epidemia COVID-19 a favore di Stato, Regioni, Enti Locali territoriali, Enti e Istituzioni Pubbliche nonché Fondazioni, Associazioni. L’ammontare della detrazione spettante non può superare €.30.000,00;

- la deducibilità dal reddito di impresa delle erogazioni liberali in denaro e in natura effettuate nel 2020 da parte delle imprese. Le stesse non sono considerate destinate a finalità estranee all’esercizio dell’impresa ai sensi dell’art. 27 L.133/99, quindi non sono tassate e altresì sono deducibili ai fini IRAP nell’esercizio in cui sono effettuate.

- le erogazioni liberali sono deducibili anche se si realizza una perdita di esercizio;

- le cessioni gratuite non sono soggette ad IVA e non fanno venir meno il diritto alla detrazione dell’imposta sugli acquisti;

Si chiede, a questo punto, se possa esserci un’apertura da parte dell’Amministrazione Finanziaria nei confronti anche delle prestazioni gratuite includendole nell’articolo 66 e applicando alle stesse le medesime agevolazioni fiscali previste per le erogazioni liberali disciplinate nel medesimo articolo.

Di fatto la prestazione gratuita contabilmente non si chiuderà a bilancio con l’incasso in cassa o in banca ma con la rilevazione di un costo a Conto Economico ( denominato Erogazione liberale) che risulterà non deducibile fiscalmente perché privo dei requisiti previsti per la deducibilità delle donazioni.

Se ai fini Iva difficilmente si potrà evitare l’applicazione e il relativo versamento dell’imposta, ai fini delle imposte dirette si potrebbe ipotizzare un’ interpretazione estesa dell’articolo 66 del DL 18/2020 che permetta la deducibilità del costo suindicato considerando l’operazione destinata alle finalità dell’impresa ( a titolo promozionale, pubblicitario, di ripresa dell’attività…….) e non estranea all’attività dell’azienda negandone la detrazione dell’onere.

La normativa fiscale attualmente non permette né di non applicare l’iva né di detassare ai fini IRPEF/IRES/IRAP le prestazioni gratuite, creando nella gestione di questa particolare iniziativa un ingiusto e differente trattamento rispetto alle erogazioni liberali destinate all’emergenza Coronavirus e disciplinate nell’articolo 66.

Per questo si chiede se nella fase di conversione in legge del decreto sia possibile rivedere l’articolo 66 includendo anche la fattispecie qui esaminata.

A cura della rag. Elisabetta Seno

16/06/2020